Le competenze sviluppate nell’ambito delle singole discipline concorrono a loro volta alla promozione di competenze più ampie e trasversali, che rappresentano una condizione essenziale per la piena realizzazione personale e per la partecipazione attiva alla vita sociale, orientate ai valori della convivenza civile e del bene comune».
(Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, 2012)
Approfondire la nuova sfida educativa rappresentata dalle soft skill è stato l’obiettivo del seminario di studio dal titolo “ Competenze Trasversali. La sfida educativa delle Soft Skill” promosso a Roma dal Centro studi per la scuola cattolica dell’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università (Unesu) della Cei.
Il Seminario è stato aperto dal prof. Ernesto DIACO - direttore dell’Unesu - il quale ha affermato che “Compito della scuola è offrire ad ogni persona gli strumenti per affrontare la vita, un bagaglio culturale ed umano che conduca a scoprire e vivere la propria vocazione nel mondo e generi bene comune. È sempre vivo il rischio di ridurre l’idea di istruzione alla ripetizione di un sapere inerte, uniforme e impersonale, slegato dalla realtà. Molto forte, inoltre, è la domanda proveniente dal mondo produttivo, tanto da piegare i sistemi formativi in funzione delle esigenze del mercato”. In questo quadro, la sfida principale rivolta all’educazione è quella di promuovere nell’alunno capacità personali che vanno oltre il semplice possesso di conoscenze, tecniche e abilità. Sono le cosiddette soft skill, competenze trasversali alle diverse discipline e inerenti le capacità relazionali, il senso critico, la creatività, la flessibilità, gli aspetti del carattere e l’apertura alla realtà”.
La discussione del mattino è stata poi animata dal prof. Don Michele Pellerey (Università Pontificia Salesiana – Roma) e dalla Prof.ssa Maria CINQUE (docente di didattica e pedagogia speciale Università Lumsa-Roma) . Don Pellerey nella sua lunga relazione ha affermato che oggi nel mondo del lavoro è presente la distinzione tra competenze culturali, tecnologiche e tecnico-pratiche, definite hard skills, e competenze più generali e trasversali chiamate soft skills. Per sviluppare queste ultime occorre iniziare dalla scuola dell’infanzia, in particolare sullo sviluppo della capacità di autoregolazione nell’apprendimento e nel comportamento, evidenziando il ruolo delle “funzioni esecutive” nella promozione delle competenze personali a livello di scuola dell’infanzia e dei primi anni della primaria, quali controllo dell’impulsività, dell’attenzione e delle emozioni, flessibilità, capacità organizzativa; nella scuola secondaria superiore è invece essenziale il ruolo delle competenze “strategiche”: cognitive, di pianificazione e organizzazione dl tempo e del lavoro, di partecipazione alla gestione dei doveri scolastici, di relazione e collaborazione con gli altri. Al termine dell’esperienza scolastica , è opportuno secondo Don Pellerey, proporre agli studenti un bilancio delle proprie competenze personali “al fine di rendersi consapevoli di quanto ci si senta preparati ad affrontare ulteriori studi o il mondo del lavoro”.
La prof.ssa CINQUE ha invitato la platea a ripensare al modo di fare scuola perché dal mondo del lavoro arriva una domanda che ridimensiona l’importanza delle competenze tecniche a favore di un insieme più ampio di abilità, spostando l’attenzione dal semplice “sapere” o “saper fare” alla complessità dell’agire. Nei paesi in cui “il tasso di disoccupazione è più alto (Italia, Spagna e Grecia) spiega la professoressa, il divario tra competenze richieste dalle aziende e competenze dei giovani neolaureati è più ampio”. Per questo molte raccomandazioni Ue hanno sottolineato come queste soft skill siano “fondamentali” nel mercato del lavoro e hanno suggerito alle università di “puntare alla formazione ‘integrale’ della persona”, anche se formare alle soft skill all’università potrebbe essere già troppo tardi; quindi occorre iniziare prima: nel primo ciclo di istruzione e, addirittura, nella primissima infanzia” tenendo conto che esse, come sostiene l’Ocse, contribuiscono al benessere individuale ma anche al progresso sociale.
Il pomeriggio si è aperto con la relazione del prof. Massimo Tucciarelli (Professional Certified Coach, Palermo), soffermandosi sull’importanza di formare gli insegnanti sulle soft skill, e sul coaching come strumento privilegiato per lo sviluppo di queste competenze nelle relazioni fra docenti e alunni. Il Coaching afferma Tucciarelli consente di partire da una situazione concreta, trasformare un’insoddisfazione in un obiettivo, considerare separatamente tutte le componenti che contribuiscono a rendere operativa l’attrazione esercitata dall’obiettivo, individuare le componenti avvertite come problematiche, inquadrare ogni componente problematica sotto diversi punti di vista fino a scoprire qualcosa di nuovo che è rilevante per muoversi verso un cambiamento”.
Il Seminario si è concluso con la relazione della prof.ssa Alessandra La Marca (Docente di Scienze psicologiche pedagogiche e della formazione – Università di Palermo) sulle Soft Skill ed educazione del carattere; un approccio ha spiegato la docente che non si limiti a insegnare “tecniche” ma che proponga agli studenti una riflessione su se stessi e un atteggiamento proattivo nei confronti della propria esistenza e del contesto sociale di riferimento.
Il CSSC ringrazia i numerosi ospiti che hanno partecipato al Seminario.